L’orizzonte teorico in cui è inscritto Ai piedi del Maestro

 


La teologia mistica di Karl Rahner
Harvey D. Egan
The Way, 52/2 (Aprile 2013), p. 43–62
https://www.theway.org.uk/back/522egan.pdf
Traduzione italiana di Guia Sambonet

 

Karl Rahner è l’unico tra i più importanti teologi del ventesimo secolo a richiamare alla necessità di una nuova teologia mistica. Le sue riflessioni sul “misticismo della vita quotidiana”, il “misticismo delle masse” e il “misticismo dei maestri classici”, come vedremo in seguito, svolgono un ruolo importante nella definizione del ruolo del misticismo nella teologia e nella vita cristiana. Al contempo, Rahner precisa la difficoltà di definire il termine “misticismo”, lamenta l’assenza di una teologia del misticismo condivisa e la sconcertante mancanza di interesse nei confronti dell’elaborazione di una teologia mistica contemporanea. Critica inoltre alcune teologie mistiche del passato, perché a suo avviso si limitano a riproporre gli insegnamenti dei mistici classici spagnoli, minimizzano le differenze tra di essi e li interpretano secondo una concezione della grazia nei fenomeni mistici quale “intervento divino diretto ed esterno al soggetto”.[1]


La teologia della grazia di Rahner
Rahner è il più importante teologo della grazia del ventesimo secolo. Nella sua visione, la grazia è principalmente auto-comunicazione universale di Dio, anziché il conferimento sporadico di alcuni doni divini, e tutti gli esseri umani sono destinatari della comunicazione divina. Dunque ogni attività veramente umana è una risposta libera, positiva o negativa, all’offerta di sé di Dio ‒ alla grazia che vive al centro dell’esistenza umana.[2]  Poiché Dio offre nientemeno che Dio stesso a tutti, la persona umana è, nella visione di Rahner, homo misticus. Questa relazione trasforma tutte le esperienze personali in un’implicita, seppure primordiale, esperienza di Dio.
“L’esperienza immediata e preconcettuale di Dio tramite l’esperienza della illimitata vastità della nostra coscienza”, scrive Rahner, “è all’origine della componente mistica del cristianesimo”. [3]  Secondo questa posizione teologica, infatti,

… in ogni persona umana … esiste una sorta di esperienza anonima, non tematica e magari repressa, che orienta verso Dio … un’esperienza che può essere repressa ma non distrutta, un’esperienza “mistica” o (se si preferisce usare una terminologia più cauta) un’esperienza che ha il suo culmine in quella che i maestri classici definivano contemplazione infusa.[4]

Pertanto, tutte le esperienze umane tendono verso “un’intensificazione che è orientata verso qualcosa che di fatto si potrebbe chiamare esperienza mistica”. [5]  Dunque “il misticismo come esperienza della grazia” non fonda soltanto la vita ordinaria di fede, di speranza e di amore del cristiano, ma anche la vita di chiunque vive secondo la propria coscienza.[6]  Questa visione del misticismo come esperienza della grazia informa non soltanto la teologia mistica di Rahner ma anche gran parte di tutta la teologia di Rahner.
Sebbene suggerisca di evitare il termine “misticismo”, perché generalmente associato a fenomeni psichici che in realtà non hanno nulla a che fare con la “normale” vita cristiana, non esita tuttavia a usarlo lui stesso, e in una varietà di modi.[7]  In ogni caso, sostiene Rahner, ciò che conta è la realtà dell’esperienza di Dio nella vita quotidiana, piuttosto che il termine che si usa per definire quell’esperienza.

In ultima analisi è del tutto ininfluente definire o meno “mistica” l’esperienza personale e genuina di Dio che accade nel nucleo più profondo di una persona. [8]

Rahner è anche convinto che tutti sperimentino Dio costantemente, cioé non saltuariamente, anche se spesso solo in modo nascosto:

Bisogna aiutare le persone a riconoscere che hanno una conoscenza implicita di Dio, nonostante possano non essere in grado di descriverla o di verbalizzarla; o per meglio dire, aiutarle a riconoscere che nella loro esistenza spirituale, nella loro trascendentalità, nella loro personalità, o in qualunque modo si voglia chiamarla, hanno una genuina esperienza di Dio.[9]

Questa concezione della grazia è alla base della moderna teologia mistica di Rahner.
Sebbene usi frequentemente i termini “esperienza di grazia” e “esperienza di Dio”, Rahner in realtà non si riferisce a una esperienza, perché Dio non può essere costretto in uno specifico contenuto di pensiero o in un oggetto d’amore nella coscienza. L’esperienza “trascendentale” di Dio e della grazia, nel senso inteso da Rahner, è il fondamento di tutte le esperienze e non un’esperienza particolare, o “categoriale”, a cui possiamo puntare. In quanto “orizzonte” entro il quale tutte le nostre esperienze hanno luogo, la “consapevolezza senza oggetto” di Dio e della grazia è l’atmosfera in cui viviamo, il nostro metabolismo spirituale fondamentale, una realtà di noi più intima di quanto lo siamo noi stessi, come i mistici amano descriverla. Così come spesso ignoriamo o diamo per scontato il nostro respiro, i nostri cuori che battono, o la nostra stessa auto-consapevolezza, allo stesso modo spesso trascuriamo, reprimiamo o persino neghiamo l’esperienza onnipresente di Dio.[10]


Il misticismo della vita quotidiana
Rahner ritiene che tutti, persino gli agnostici o gli atei che vivono modestamente, disinteressatamente, onestamente, coraggiosamente e in silenzioso servizio degli altri, vivono quello che definisce “misticismo della vita quotidiana”.[11]  Sottolinea non solo l’intrinseca unità tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo[12] ma anche l’insegnamento di Gesù che dice che l’amore per l’ultimo dei suoi fratelli è amore per lui, anche in coloro che non lo conoscono.[13]  Quindi, secondo Rahner, la forma più profonda di misticismo della vita quotidiana è l’amore senza riserve per l’altro.
Quando una persona ‒ indù, buddista, ebreo, cristiano, musulmano, agnostico o ateo ‒ accetta con coraggio e totalmente la vita e se stessa anche quando tutto ciò che è tangibile sembra crollare, allora quella persona sperimenta, almeno implicitamente, il santo Mistero che riempie il vuoto di sé e della vita. Accogliere le profondità della propria umanità, le profondità della vita e quindi il Mistero stesso ‒ conosciuto tramite esplicite fede, speranza e carità cristiane ma anche al di fuori di esse ‒ è il tratto saliente del misticismo della vita quotidiana di Rahner.
Questa visione ha un profondo significato teologico e pastorale. Non conosco nessun teologo che descriva altrettanto bene l’intrecciarsi della vita eterna con la quotidianità dalla vita ordinaria.[14]  Un vero cristiano, con coraggio anche se spesso nascostamente, deve considerare la normale vita quotidiana quale vita autentica e vero cristianesimo.[15]  Per questo motivo, le parole “ordinario”, “banale”, “routine” e simili appaiono frequentemente negli scritti di Rahner. Per lui, “la grazia si manifesta nell’esistenza quotidiana della persona, con tutti i suoi splendori e i suoi insuccessi, ed è che se ne fa davvero esperienza”. [16]
L’apprezzamento di Rahner per la vita quotidiana si fonda sulla quotidianità della vita di Gesù:

Ciò che sorprende e persino confonde della vita di Gesù è il modo in cui si inscrive sempre nel contesto della vita quotidiana; si potrebbe persino dire che in Gesù l’esistenza umana si esprime nella sua forma più radicale e concreta. La prima cosa che dovremmo imparare da Gesù è essere del tutto umani![17]

In Cristo, Dio ha assunto la quotidianità. Grazie a Cristo, la mistica della vita quotidiana è una delle gioie del mondo e una fede pasquale che ama la terra.[18]  La partecipazione alla morte di Cristo, sebbene spesso anonima, consente a una persona di morire a se stessa e al mondo per arrendersi al Mistero che attraversa la vita quotidiana. Sperimentare che questo morire non è vano significa partecipare alla risurrezione di Cristo. Questo è il fondamento cristologico del misticismo della vita quotidiana.
Rahner suggerisce alcuni esempi di esperienze umane comuni che possono aiutarci a “far emergere la presenza della grazia … dagli scarti dell’esperienza quotidiana” [19]: accettare con speranza un’esperienza di totale solitudine; perdonare senza aspettarsi di ricevere gratitudine o di sentirsi bene per il proprio altruismo; rimanere radicalmente fedeli ai convincimenti profondi della propria coscienza anche a rischio di venire considerati pazzi; pregare anche quando sembra inutile; mantenere viva la fede, la speranza e l’amore anche quando non ci sono ragioni evidenti per farlo; sperimentare con dolore il grande abisso che esiste tra ciò che desideriamo dalla vita e ciò che la vita ci dà; e sperare silenziosamente di fronte alla morte.[20]  Secondo Rahner, l’esperienza di Dio è più chiara e intensa

… là dove i contorni delle nostre realtà quotidiane si rompono e si dissolvono; là dove sperimentiamo il fallimento di quelle realtà; quando le luci che illuminano le minuscole isole della nostra vita quotidiana si spengono.[21]

Rahner preferisce le esperienze negative a quelle gioiose, perché

… ovunque vi sono separazione, morte, rinuncia e un vuoto tanto profondo da non poter essere riempito da nessuna attività, da nessuna conversazione futile, o dalle mortifere sofferenze del mondo, lì c’è Dio.[22]

Un breve testo di Rahner offre esempi commoventi di mistici della vita quotidiana, di”santi sconosciuti”, come ama definirli. Scrive:

È viva nella mia memoria la prontezza per il servizio disinteressato svolto in silenzio, la prontezza nella preghiera, l’abbandono all’incomprensibilità di Dio, la calma accettazione della morte in qualsiasi forma essa possa venire, la totale dedizione alla sequela di Cristo crocifisso che molti dei miei compagni [gesuiti] hanno dimostrato.[23]

Rahner cita, tra gli altri, l’amico Alfred Delp, che a Berlino firmò i voti perpetui con le mani incatenate prima di essere ucciso per attività anti-naziste; e un altro amico, un cappellano carcerario apprezzato più per le sigarette che portava ai detenuti che per il vangelo che predicava. Il mistico della vita di tutti i giorni, il santo sconosciuto di Rahner, è “una persona che nonostante le difficoltà e l’assenza di certezza di successo assume il compito di risvegliare anche soltanto in pochi uomini e donne una piccola scintilla di fede, di speranza e di carità”. [24]  La visione di Rahner sul misticismo della vita quotidiana si traduce anche in una diversa teologia della santità. Ciò che distingue i santi canonizzati dai santi sconosciuti non è un diverso livello di santità, bensì “l’esplicita, consapevole scoperta di se stessa nella sfera ufficiale e pubblica che la Chiesa raggiunge tramite la canonizzazione di quei santi”. [25]  Il processo di canonizzazione conferma che la Chiesa non ha soltanto il compito di “elaborare dogmi” ma anche quello di “condurre alla santità”. I santi canonizzati,

… sono gli iniziatori e i modelli creativi di una santità possibile e che è loro compito raggiungere nell’epoca in cui vivono… Sono la dimostrazione vivente che si può essere cristiani anche in “quel” modo.[26]

Dunque, secondo Rahner, si dovrebbe riflettere più profondamente sul mistero dei santi anonimi, i santi della vita quotidiana.


Il misticismo delle masse
Oltre al misticismo della vita quotidiana, Rahner descrive ciò che stranamente definisce “misticismo delle masse” o “misticismo in abiti rozzi”. [27]  Si riferisce al “misticismo” di quanti nei movimenti carismatici contemporanei affermano di essere invasi dallo Spirito Santo, vivono drammatiche conversioni alla fede, parlano in lingue, si dicono chiamati a proclamare pubblicamente e ad alta voce la loro fede, a profetizzare, che accusano svenimenti, affermano di essere stati uccisi dallo Spirito, di operare guarigioni e simili. Questo misticismo “rumoroso” si esprime più ostentatamente del misticismo della vita quotidiana e più spesso del misticismo straordinario dei santi.
Nonostante definisca se stesso un cristiano “sobrio”, Rahner prende in seria considerazione i fenomeni carismatici quali espressioni reali e concrete del cristianesimo ‒ se approfondiscono la fede, la speranza e l’amore cristiani. Tuttavia, i suoi scritti mostrano disagio e sospetto verso le forme del “misticismo in abiti rozzi”. Per esempio, esorta coloro che fanno parte dei movimenti carismatici “a cercare un’autentica auto-comprensione e a fare i conti con se stessi in un modo autocritico”.[28]
Quando le esperienze carismatiche interferiscono con la “consapevolezza religiosa quotidiana”, Rahner le giudica espressioni o echi di un’esperienza primordiale di Dio che cerca di esprimersi nelle diverse dimensioni e ai diversi livelli della struttura psichica dell’individuo che le vive. Forme di comunicazione psicosomatica di quel tipo possono indicare l’esperienza fondamentale di Dio o al contrario occultarla. In ogni caso, anche quando sono esperienze genuine, non le considera interventi diretti dello Spirito Santo ma neppure, a differenza di alcuni suoi contemporanei, come “immondizia” o segno di emozioni religiose distorte.
In contrasto con la tendenza elitaria manifestata da alcuni gruppi carismatici nell’attribuire ogni sussulto emotivo allo Spirito Santo, Rahner raccomanda

un misticismo della vita quotidiana, il trovare Dio in tutte le cose, la sobria ubriachezza dello Spirito di cui parlano i Padri della Chiesa e l’antica liturgia, un misticismo che non ci permettiamo di rifiutare o di disprezzare solo perché è sobrio.[29]

Rahner preferisce le persone che pregano, ricevono i sacramenti e sperimentano soltanto ciò che definisce “spiritualità invernale”,[30] e cioè una spiritualità molto vicina al tormento degli atei, sebbene ovviamente le persone che la praticano non siano atee.


Il misticismo dei maestri classici
Oltre al misticismo della vita quotidiana e al misticismo delle masse, Rahner scrive del misticismo dei “maestri classici”. Questi giganti della tradizione mistica cristiana lo affascinano perché per loro tramite possiamo conoscere il punto di vista “di chi sperimenta più direttamente e senza la minima distorsione la relazione che esiste tra il soggetto umano e la realtà che chiamiamo Dio”.[31] Ammira l’eccezionale chiarezza e intensità con le quali essi esprimono l’esperienza fondamentale di Dio che tutti possiedono. Questi geni della vita mistica vivono, e descrivono, la realtà del misticismo in senso stretto.

I mistici straordinari della Chiesa, secondo Rahner, possono insegnare molto in un’epoca come la nostra, sempre più secolare e autosufficiente, un’epoca nella quale Dio sembra essere assente. Scrive:

La riflessione teologica e, soprattutto, l’iniziazione all’esperienza personale di Dio oggi sono più urgenti che mai. E i maestri classici … sono ottimi e insostituibili insegnanti per elaborare una teologia e mistagogia in grado di rendere intelligibile l’esperienza personale di Dio.[32]

Una teologia che restituisca la consapevolezza della profondità interiore di cui ciascuno è capace può illuminare l’esperienza di Dio non solo nei cristiani ma anche in coloro che negano l’esistenza di Dio. La nota profezia di Rahner che recita: “Il cristiano del futuro o sarà un ‘mistico’, una persona che ha sperimentato ‘qualcosa’, o non ci sarà più ” [33] si situa in qusto contesto. Inoltre, una teologia e una mistagogia derivate dalle esperienze dei grandi mistici cristiani possono aiutare i cristiani a dialogare con le religioni orientali.
Poiché i mistici classici interpretavano le loro esperienze di Dio utilizzando termini del loro tempo, i loro scritti vanno adattati alla sensibilità contemporanea.

E un tale adattamento potrebbe essere molto efficace, perché la profondità e la radicalità dell’esperienza di Dio che gli autori classici descrivono non sono comuni e senza il loro aiuto non saremmo capaci di scoprire facilmente in noi stessi i germogli e le tracce di quel tipo di esperienza di Dio.[34]

Poiché “la profondità e la forza caratteristiche dell’esperienza di un mistico derivano dal tipo di devozione che segue”,[35] questo gesuita intende il mistico come colui nel quale l’esperienza di Dio che nella maggioranza degli altri esseri umani è udibile a malapena oppure spesso in forma distorta è stata purificata e amplificata senza deformazioni.

Secondo Rahner è estremamente difficile definire con esattezza l’elemento o i diversi elementi che caratterizzano il misticismo dei maestri classici. In ogni caso, precisa,

… in realtà tutti noi possediamo un concetto empirico, seppur vago, di che cosa sia il misticismo cristiano: le esperienze religiose dei santi, le varie forme con cui hanno sperimentato la vicinanza a Dio, gli impulsi superiori, le visioni, le ispirazioni, la consapevolezza di essere sotto la speciale e personale guida dello Spirito Santo, le estasi, ecc. La nostra comprensione del termine misticismo include tutto questo, e non è necessario soffermarci per capire in che cosa risieda la sua importanza o quale sia l’elelemento particolare che meglio lo caratterizza.[36]

Il misticismo dei maestri classici, dunque, ha a che fare con il loro alto livello di consapevolezza di Dio, le loro estasi, le loro visioni e la loro speciale sensibilità nei confronti dei più sottili movimenti dello Spirito Santo. Spesso Rahner definisce il loro misticismo come “contemplazione infusa” accompagnata da “sospensione delle facoltà”. [37]
Sulla base soprattutto degli insegnamenti di santa Teresa d’Avila e di san Giovanni della Croce, i teologi mistici classici fanno una netta distinzione tra “contemplazione acquisita” e “contemplazione infusa”.[38]  Nella contemplazione infusa Dio rivela Dio-stesso all’individuo tramite una grazia speciale, conferita solo ad alcuni privilegiati. [39]  La contemplazione acquisita, invece, è accessibile a ogni cristiano che collabora generosamente con la “grazia ordinaria”.

Contemplazione acquisita
La contemplazione acquisita comprende quattro livelli: preghiera vocale focalizzata, meditazione, preghiera affettiva e “preghiera della semplicità”. Le devozioni liturgiche e alcune devozioni private ovviamente richiedono la preghiera vocale ‒ e lotta contro le distrazioni. La meditazione comporta attività razionale e riflessione, passo dopo passo, per esempio su uno dei misteri della vita, della morte e della risurrezione di Cristo. La preghiera affettiva, che coinvolge solo in minima parte la ragione, la memoria e l’immaginazione, nasce quando nel corso della meditazione emergono emozioni religiose sane. La preghiera della semplicità [40] è il più alto livello di contemplazione acquisita raggiungibile tramite lo sforzo umano assistito dalla “grazia ordinaria”. Qui l’intuizione sostituisce l’immaginazione, la memoria e il ragionamento. È caratterizzata da un tranquillo dimorare alla presenza di Dio, spesso accompagnato da forti emozioni di gioia, dolore, ammirazione e adorazione. Come accade con alcuni versi di una canzone, la persona che prega viene assalita da un prepotente tema dello spirito e trasportata in un livello più profondo di consapevolezza, che richiede meno sforzo e attività interiori.

Contemplazione infusa
I teologi mistici classici sostengono che esiste una differenza qualitativa tra contemplazione acquisita e contemplazione infusa, non solo perché quest’ultima richiede una grazia speciale, ma anche perché la contemplazione infusa è accompagnata dalla consapevolezza esplicita di essere afferrati da Dio, che non chiede più la collaborazione di chi prega ma opera da solo e ha semplicemente bisogno del suo consenso. [41] Resi passivi dall’irresistibile azione di Dio, i mistici che hanno raggiunto questo livello trovano difficile pregare vocalmente e impossibile meditare, a causa della “sospensione delle facoltà” che rende la ragione, la memoria e l’immaginazione incapaci di agire, a meno che non vengano costrette con la forza. Al contempo, la contemplazione infusa è accompagnata dalla consapevolezza immediata, indubitabile della presenza di Dio e del suo essere in controllo. L’anima è penetrata, posseduta nell’intimo più profondo da una certezza indefinita ma ricca, soddisfacente e amorevole.

I mistici sostengono che i sensi spirituali dell’anima ‒ analoghi ai cinque sensi corporei ‒ vengono risvegliati dal tocco, dalla voce, dalla dolcezza, dal profumo di Dio. Più raramente e in casi eccezionali, possono anche vedere Dio. [42]  Si dicono sorpresi della propria assoluta impossibilità di creare, prolungare, rinnovare e persino prevedere l’avvicinarsi o la fine di quelle esperienze. Affermano che si tratta di esperienze ineffabili, impossibili da tradurre nelle forme del linguaggio corrente o spiegare a chi non ha mai sperimentato nulla di simile.

Contemplazione risvegliata
Forse in ragione del rispetto che portava al manuale della teologia scolastica, Ranher non risolve la tensione tra la teologia della grazia classica e la teologia mistica da lui proposta. Nonostante la sua enfasi sulla natura intrinseca della grazia al centro dell’esistenza umana, nei suoi scritti si trova ancora l’influenza di una teologia più antica.[43] Mi stupisce che Rahner continui a utilizzare il termine “contemplazione infusa”, che evoca la presenza di un intervento miracoloso, esterno e unilaterale nell’anima da parte di Dio. A mio avviso, il termine “contemplazione risvegliata”[44] sarebbe più adatto alla sua visione teologicamente e pastoralmente profonda della grazia quale ambiente intrinseco a ogni attività umana.


La teologia mistica in termini di coscienza umana
Bernard McGinn, il più importante studioso della storia della tradizione mistica occidentale, definisce “l’elemento mistico nel cristianesimo [come] l’aspetto delle sue credenze e delle sue pratiche che riguarda la preparazione, la consapevolezza e la risposta a quella che può essere definita presenza immediata o diretta di Dio”. [45] Questa definizione opera uno spostamento in avanti rispetto a una concezione del misticismo centrata sull'”esperienza”, che, secondo McGinn, porta ad associare erroneamente il misticismo a sensazioni insolite, a forme di sentimenti o di percezioni sensoriali speciali e separate dalle attività spirituali della consapevolezza umana che informano ogni espressione della vita cosciente: capire, giudicare, volere , decidere e amare. McGinn preferisce definire il misticismo in termini di “consapevolezza”, perché il mistico, a suo avviso, è una persona immediatamente e direttamente consapevole ‒ “cosciente” ‒ di modi nuovi e trasformativi di conoscere e amare tramite stati di consapevolezza nei quali Dio si fa presente con atti spirituali interiori non come un oggetto da afferrare, ma come il centro diretto e trasformativo della propria vita.
La concezione del dinamismo della coscienza umana di Rahner è alla base anche della sua reinterpretazione della teologia mistica per il mondo contemporaneo. [46]  La teoria cognitiva di Rahner propone una distinzione tra “intenzionalità”, che ci rende presenti degli oggetti, e “consapevolezza”, che ci rende presenti a noi stessi e a Dio. Ogni oggetto finito e particolare (“categoriale”) che conosciamo e amiamo, come una nave lontana appoggiata sullo sfondo del cielo, è conosciuto e amato sullo sfondo dell”’orizzonte trascendentale” del santo Mistero. Secondo Rahner,

… la conoscenza particolarizzata si basa implicitamente sulla consapevolezza atematica che si ha anche dell’Essere simpliciter, che include una consapevolezza ‒ per quanto inarticolata ‒ di Dio, dello spirito e della libertà e quindi del mistero sopra di noi e dentro di noi.[47]

Grazie a quella che definisce “ricettività illimitata” dello spirito umano, la persona umana ha “un orientamento dinamico verso la partecipazione alla vita di Dio” e una consapevolezza implicita di esso.[48]
Rahner sostiene che nel conoscere o nell’amare qualsiasi “oggetto”, lo spirito umano co-conosce e co-ama allo stesso tempo se stesso e Dio in un intelligibile e amorevole “ritorno-a-sé”. Conoscere o amare un oggetto particolare conduce lo spirito umano alla luminosa presenza di se stesso. Questo “ritorno-a-sé” coincide con la consapevolezza simultanea del movimento “trascendentale” che inscrive ogni oggetto particolare in un orizzonte infinito entro il quale tutte le realtà finite sono conosciute e amate. Quale orizzonte di grazia di ogni conoscere e di ogni amare, anche Dio è implicitamente co-conosciuto e co-amato. Rahner stesso sottolinea che questo dinamismo trascendentale dello spirito umano è il fondamento essenziale del misticismo.[49]

Rahner sottolinea anche che la propria consapevolezza del movimento trascendentale dello spirito, “con Dio quale termine puro e illimitato nel suo infinito dinamismo, può crescere, [e] diventare più pura e non mescolata”.[50] Nello stato di consapevolezza mistica, il normale “oggetto” della consapevolezza diventa sempre più trasparente e arriva a scomparire quasi del tutto. La consapevolezza trascendentale di Dio, che di solito è implicita e tuttavia co-presente in ogni atto di presenza a se stessi, inizia così a controllare esplicitamente la coscienza. Infine, l’orizzonte di tutta la conoscenza e l’amore satura la consapevolezza del mistico. Ora l’ambiente nel quale la consapevolezza “normale” è inscritta occupa il centro della scena. Rahner afferma che:

… quanto più l’esperienza diventa intensa e mistica e quanto più l’elevazione soprannaturale della trascendenza esercita la sua influenza … tanto più diventa chiaro che l’emergere nella consapevolezza della trascendenza e del fine a cui essa tende è un tipo di trascendenza qualitativamente diverso dalla sua concomitante forma implicita.[51]

Cito brevemente solo cinque delle numerose figure della tradizione mistica cristiana[52] che hanno fatto esperienza del cambiamento qualitativo di consapevolezza elencate da Rahner. Evagrio Pontico († 399) parla di “preghiera pura” che trascende la normale consapevolezza e viene concessa solo ai monaci più avanzati. Giovanni Cassiano († 435 circa) fa gli elogi della “preghiera del fuoco”, anch’essa riservata solo a pochi eletti. Isacco il Siro († 700 circa) scrive di una “preghiera senza preghiera”, in cui l’orante è travolto dallo Spirito Santo e guarda estaticamente l’incomprensibile. Nicola Cusano († 1464) descrive una consapevolezza piena di “dotta ignoranza”, illuminata dall’interno dalla conoscenza di Dio dentro di noi. Esorta i suoi lettori a elevarsi a Dio, che è la luce dell’intelletto umano, perché “nella luce di Dio è tutta la nostra conoscenza, così che non siamo noi stessi che conosciamo, ma piuttosto è Dio che conosce in noi”.[53]

Ignazio di Loyola († 1556) parla di “consolazione senza causa precedente”. “È proprio del solo Creatore”, scrive “entrare nell’anima, uscire da essa e suscitare in essa una mozione che la attira nell’amore della sua divina maestà” (E.S. 330) e produce una consapevolezza vuota eppure feconda.
Uno studioso contemporaneo, Louis Roy, parla di “consapevolezza senza oggetto”, caratterizzata però da “un elemento di infinita amorevolezza” .[54] Bernard McGinn sottolinea invece che in Dio “l’infinita amorevolezza è unita all’infinita intelligibilità” e che questi due aspetti della realtà di Dio sono resi presenti nella “consapevolezza senza oggetti” che egli definisce anche “meta-consapevolezza”.[55]  Entrambi gli studiosi non amano i termini “consapevolezza pura” o “consapevolezza nuda” perché, a loro avviso, la coscienza mistica presenta il paradosso di un vuoto che è pieno. Secondo la visione di Rahner, la consapevolezza mistica è “semplicemente” una consapevolezza saturata dalla conoscenza non-concettuale, amorevole e infinita di Dio da parte dello spirito umano, che “distrugge la pretesa del concettuale e del categorico di essere essi stessi realtà ultime”.[56]


Il fondamento naturale del misticismo dei maestri classici
Rahner si allontana radicalmente dai maestri classici e dalla teologia mistica classica quando sostiene che la differenza tra il loro misticismo e il misticismo della vita quotidiana si inscrive nell’ambito della sola psicologia naturale. Insiste sul fatto che:

… l’esperienza mistica non va interpretata come qualcosa che trascende radicalmente e sostituisce l’esperienza soprannaturale dello Spirito tramite la fede. Ecco perché la “differenza specifica” di tale esperienza,  in quanto distinta dalla “normale” esperienza cristiana dello Spirito, deve appartenere alla sfera “naturale” umana …. Psicologicamente le esperienze mistiche differiscono dallo stato di consapevolezza delle comuni situazioni quotidiane solo per ciò che riguarda la sfera naturale e dunque sono fondamentalmente apprendibili.[57]

     In termini più concreti, il modo specifico con cui i mistici classici hanno fatto esperienza di Dio appartiene a una naturale capacità di concentrazione, contemplazione, meditazione, immersione nel sé, auto-svuotamento e ad altre tecniche psico-mentali spesso associate ai misticismi orientali.5[58] Secondo Rahner, anche i cristiani “comuni”, in certe circostanze, possono imparare tecniche psicosomatiche meditativo-contemplative che consentono di immergersi più profondamente in se stessi per sperimentare Dio in un modo più puro, più chiaro e più intenso.[59]
Il misticismo dei maestri classici, quindi, deriva da un modo psicologico inusuale ‒ sebbene naturale ‒ di vivere Dio nella fede, nella speranza e nell’amore. Inoltre, è soltanto uno dei tipi di esperienza dello Spirito che vengono offerti a tutti, anche ai non cristiani.[60]  A questo proposito Rahner sottolinea che,

… la meditazione e altri tipi di “esercizi” spirituali non sono dunque da disprezzare. Per esempio, dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire i nudi e simili ‒ azioni per se stesse naturali ‒ possono essere estremamente importanti per la salvezza. [61]

Lo stesso si può dire delle tecniche meditative e contemplative o di altre tecniche psicomentali naturali. Si potrebbe anche affermare che quello che caratterizza il mistico classico è il fatto di aver esplicitamente accettato l’auto-comunicazione di Dio “a un livello esistenzialmente intenso”.[62]


Il pensiero di Rahner sulla relazione tra misticismo e santità
Una delle questioni più controverse e di vecchia data tra le più antiche scuole di spiritualità riguarda la precisa relazione tra misticismo tradizionalmente inteso come contemplazione infusa e santità.[63] La contemplazione infusa è assolutamente necessaria per raggiungere la santità invocata dal vangelo al fine di diventare “perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5:48)? I teologi mistici più anziani tendono a dividersi in due campi: gli uni sostengono che solo chi ha ricevuto la grazia della contemplazione infusa può raggiungere la santità[64] e gli altri sostengono che oltre alla contemplazione infusa vi sono altri modi per raggiungere la santità.[65]
Entrando nel merito del dibattito in corso in quegli anni, Rahner si chiede

… se la “contemplazione infusa” è una tappa normale nella via cristiana verso una santità “eroica”, oppure un dono raro, che non tutti i santi ricevono. Ci si può anche chiedere quale relazione vi sia tra misticismo e fede.[66]

Seppure con cautela, aggiunge anche che “il Nuovo Testamento … non esplicita un preciso orientamento verso il misticismo”. [67]
Rahner cerca di rispondere a questa domanda facendo ricorso non alla teologia bensì a quella che chiama “una psicologia appropriata”. [68]  Se tale psicologia arrivasse a dimostrare che non è possibile arrendersi con tutti se stessi al mistero che chiamiamo Dio senza sospensione delle facoltà, concentrazione, contemplazione infusa, meditazione, immersione nel sé, svuotamento di sé e altre tecniche psicomentali, allora misticismo e santità sono intrinsecamente collegati. Inoltre, se la psicologia appropriata dimostrasse poi che quei fattori “fanno necessariamente parte del processo di crescita personale, anche qualora non siano tecnicamente coltivati” o fatti oggetto di riflessione, allora il misticismo è davvero necessario per la santità.[69]  Se invece la psicologia arrivasse a stabilire che “non tutti i processi di crescita personale e cristiana” richiedono quei fenomeni naturali, “sebbene essi possano essere un utile aiuto”, [70] il misticismo non è una componente necessaria per la vita cristiana.
Oltre cinquant’anni di lettura dei mistici cristiani classici e quarant’ anni di esperienza personale con persone di vari livelli di spiritualità mi portano a essere d’accordo con Rahner sul fatto che esiste una mistica della vita quotidiana e che l’azione silenziosa e misteriosa di Dio offre a molte persone tramite la loro stessa fedeltà alle esigenze della vita quotidiana non soltanto le terribili notti oscure descritte in modo così vivido dai maestri classici, ma anche oasi di gioia e pace spirituale ‒ ma in un modo più anonimo di quello descritto dai maestri classici. Peraltro, per la grande maggioranza delle persone e anche per coloro che hanno percorso insieme ai maestri classici un lungo tratto del sentiero mistico, la perfetta unione con Dio è escatologica, e si raggiunge solo dopo aver attraversato la notte oscura dei sensi e dello spirito ‒ che è la morte stessa ‒ e dopo un incontro purgatoriale e trasformante con il fuoco spirituale, che è “Cristo stesso, il Giudice e il Salvatore”.[71]
Che la maggior parte dei cristiani non siano mistici in senso stretto è evidente a Rahner.[72]  Tuttavia egli rifiuta qualsiasi concezione elitaria della vita che attribuisce “lo stato di perfezione solo ai mistici addestrati“.[73] Ricorda che il Nuovo Testamento

… premia tutti coloro che amano disinteressatamente il loro prossimo e lì hanno un’esperienza di Dio e della salvezza finale nel giudizio di Dio che né l’ascesa più alta né il più profondo l’assorbimento dei mistici possono garantire.[74]

     Qualsiasi diversa concezione della vita cristiana, secondo Rahner, “sarebbe indubbiamente gnosticismo o teosofia; sarebbe una sopravvalutazione del misticismo o una radicale sottovalutazione della reale profondità della ‘ordinaria’ vita cristiana di grazia”.[75]  Per questo ho definito Rahner un mistico della vita di tutti i giorni.[76]
Sebbene Rahner sia morto nel 1984, ritengo che la sua teologia mistica, per quanto incompleta, rimane ancora insuperata.[77]  Grazie al suo uso mistagogico e teopoetico dei grandi santi e mistici come fonti teologiche, Rahner ha colmato, in larga misura, il divario tra teologia e spiritualità viva. La sua capacità di mettere in relazione misticismo della vita quotidiana, misticismo delle masse e misticismo dei maestri classici con l’esperienza trascendentale della grazia che afferra ogni cuore umano fa di Rahner il più straordinario teologo mistico del ventesimo secolo. La convinzione di Rahner che non vi è nulla di profano nelle profondità della vita ordinaria, sfida ciascuno di noi a osservare più attentamente ciò che già esiste, sebbene ‒ troppo spesso ‒ solo in modo anonimo o nascosto. Ovunque vi sia resa radicale di sé, totale rinuncia, abbandono al Mistero che abbraccia l’intera vita, lì vi è lo Spirito di Cristo crocifisso e risorto, la fonte di ogni forma di misticismo.

 

 

Harvey D. Egan SJ ha conseguito il dottorato in teologia nel 1973 alla Westfälische Wilhelms-Universität di Münster sotto la direzione di Karl Rahner. Dopo aver insegnato al College of the Holy Cross (Worcester, Massachusetts) e alla Santa Clara University (California), è attualmente professore emerito al Boston College, dove ha insegnato per 35 anni. I suoi libri includono Soundings in the Christian Mystical Tradition; An Anthology of Christian Mysticism; Karl Rahner: Mystic of Everyday Life; Christian Mysticism: The Future of a Tradition, e Ignatius Loyola the Mystic. È noto per i suoi studi sulla mistica cristiana e per i suoi scritti sul pensiero di Karl Rahner e le traduzioni delle opere di Rahner.

 

“The Mystical Theology of Karl Rahner”, pubblicato in The Way, 52/2 (Aprile 2013), p. 43–62, https://www.theway.org.uk/back/522egan.pdf, è una sintesi del terzo capitolo del libro di Harvey D. Egan, Karl Rahner: Mystic of Everyday Life (Karl Rahner: mistica della vita quotidiana), New York, Crossroad, 1998.

È stato pubblicato anche in:

“Karl Rahner (1904-84) and His Mystical Theology”, 13° capitolo di A Companion to Jesuit Mysticism, a cura di Robert Aleksander Maryks, Brill, Leiden 2017, p. 310-334.

 

 

 

 

[1] Karl Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology”(Esperienza mistica e teologia mistica), in Theological Investigations, volume 17, tradotto da Margaret Kohl, New York, Crossroad, 1981, p. 90-91.

[2] Karl Rahner, “Gnade als Mitte menschlicher Existenz. Ein Gespräch mit und über Karl Rahner aus Anlaß seines 70. Geburtstages”‘, in Herausforderung des Christen , Friburgo in Brisgovia, Herder, 1975, p. 117-153.

[3] Karl Rahner in Dialogue, a cura di Paul Imhof e Hubert Biallowons, New York: Crossroad, 1986, p. 182

[4] Karl Rahner, “Teresa of Avila: Doctor of the Church” (Teresa d’Avila: dottore della Chiesa), in The Great Church Year, a cura di Albert Raffelt e Harvey D. Egan, New York, Crossroad, 1993, p. 362-363 (corsivo nell’originale). Si veda anche, “Brief von P. Karl Rahner”, in Klaus P. Fischer, Der Mensch als Geheimnis. Die Anthropologie Karl Rahners, Friburgo in Brisgovia: Herder, 1974, p. 405-406.

[5] Karl Rahner, “Reflections on the Problem of the Gradual Ascent to Christian Perfection” (Riflessioni sul problema della graduale ascesa verso la perfezione cristiana), in Theological Investigations, volume 3, tradotto da Karl-Heinz e Boniface Kruger, Baltimora, Helicon, 1967, p. 23.

[6] Karl Rahner, “Mysticism”, in Encyclopedia of Theology: A Concise Sacramentum Mundi, a cura di Karl Rahner, New York, Seabury, 1975, p. 1010-1011.

[7] Cf Handbuch der Pastoraltheologie, volume 3, 2a ed., Friburgo in Brisgovia, Herder, 1972, p. 523.

[8] Faith in a Wintry Season: Interviews and Conversations with Karl Rahner in the Last Years of His Life (Fede in una stagione invernale: interviste e conversazioni con Karl Rahner negli ultimi anni della sua vita), 1982-84 , a cura di Paul Imhof, Harvey D. Egan e Hubert Biallowons, New York, Crossroad, 1990, p. 115.

[9] Faith in a Wintry Season (Fede in una stagione invernale), p. 115.

[10] Questo è un tema centrale del libro di Nicholas Lash, Easter in Ordinary: Reflections on Human Experience

and the Knowledge of God (La Pasqua nell’ordinario: Riflessioni sull’esperienza umana e sulla conoscenza di Dio),  Notre Dame, University of Notre Dame Press, 1990.

[11] Cf Egan, Karl Rahner: Mystic of Everyday Life (Karl Rahner: Mistica della vita quotidiana).  Per esempi concreti del misticismo della vita quotidiana, si veda Karl Rahner, “Sperimentare lo Spirito”, in The Practice of Faith (La pratica della fede), a cura di Albert Raffelt e Karl Lehmann, New York, Crossroad, 1983, p. 81. Hans Urs von Balthasar esorta a “perseverare nella fede, nella speranza e nell’amore attraverso il grigiore di ogni giorno” (in The Von Balthasar Reader, a cura di Medard Kehl e Werner Löser, New York, Crossroad, 1982, p. 342). Thomas Merton parla di “contemplativi mascherati e nascosti” che conducono un’esistenza di “frenetico” svuotamento di sé nel servizio e sono più vicini a Dio di quanto pensino (Thomas Merton, “The Inner Experience: Kinds of Contemplation” (L’esperienza interiore: tipi di contemplazione), Cistercian Studies, 18 / 4, 1983, p. 294). San Francesco di Sales parla di “un’estasi di lavoro e di vita” che pratica la rinuncia e la negazione di sé in vera imitazione del Cristo crocifisso (Treatise on the Love of God [Trattato sull’Amore di Dio], tradotto da John K. Ryan, Rockford, Tan, 1975, volume 2, libro 7, capitoli 6-7, pag. 30-33).

[12] Karl Rahner, “Reflections on the Unity of the Love of Neighbor and the Love of God” (Riflessioni sull’unità dell’amore del prossimo e l’amore di Dio), in Theological Investigations, volume 6, tradotto da Karl-Heinz e Boniface Kruger, Baltimora, Helicon, 1969, pag. 231-249.

[13] Karl Rahner, The Love of Jesus and the Love of Neighbor (L’amore di Gesù e l’amore del prossimo), tradotto da Robert Barr, New York, Crossroad, 1983.

[14] Karl Rahner, “Eternity from Time” (Eternità dal tempo) in Theological Investigations, volume 19, tradotto da Edward Quinn, New York, Crossroad, 1983, p. 169-177. Per una trattazione esaustiva della teologia del lavorare, dormire, mangiare, bere, ridere, vedere, sedersi o andare in giro, si veda il suo saggio “Everyday Things”, in Belief Today (Credere oggi), tradotto da Ray e Rosaleen Ockenden, New York, Sheed and Ward, 1967, p. 20-21. Cf anche Philip Endean, Karl Rahner and Ignatian Spirituality , Oxford, OUP, 2001, e Declan Marmion, A Spirituality of Everyday Faith: A Theological Investigation of the Notion of Spirituality in Karl Rahner (Una spiritualità della fede quotidiana: una ricerca teologica sulla nozione di spiritualità in Karl Rahner), Lovanio, Peeters, 1998.

[15] Questo è un tema costante in Karl Rahner, Biblical Homilies, tradotto da Desmond Forristal e Richard Strachan, New York, Herder and Herder, 1966.

[16] Karl Rahner, “On the Theology of Worship” (Sulla teologia del culto), in Theological Investigations, volume 19, 147 (corsivo mio).

[17] Rahner, “On the Theology of Worship” (Sulla teologia del culto), 121.

[18] Karl Rahner, “The Ignatian Mysticism of Joy in the World” (Il misticismo ignaziano della gioia nel mondo), in Theological Investigations, volume 3, p. 277–293; “On the Spirituality of the Easter Faith” (La spiritualità della fede pasquale), in Theological Investigations, volume 17, p. 8–15

[19] Karl Rahner, “Experiencing the Spirit” (Fare esperienza dello Spirito), in The Practice of Faith, New York, Crossroad, 1983, p. 83.

[20] Rahner, “Experiencing the Spirit” (Fare esperienza dello Spirito), p. 81.

[21] Rahner, “Experiencing the Spirit” (Fare esperienza dello Spirito), p. 81. Si veda anche Karl Rahner in Dialogue, p. 57, 83, 142, 183, 227, 245, e 293; “Reflections on the Experience of Grace” (Riflessioni sull’esperienza della grazia), in Theological Investigations, volume 3, p. 86–89: “Experience of the Holy Spirit” (Esperienza dello Spirito Santo), in Theological Investigations, volume 18, tradotto da Edward Quinn, New York, Crossroad, 1983, p. 189–210.

[22] Rahner, Biblical Homilies (Omelie bibliche), p. 77.

[23] Karl Rahner, “Why Become or Remain a Jesuit?” (Perché diventare o rimanere gesuita?), in Madonna, una pubblicazione della Compagnia di Gesù, Melbourne, Australia, aprile 1987, p. 11.

[24] Rahner, “Why Become or Remain a Jesuit?” (Perché diventare o rimanere gesuita?), p. 11.

[25] Karl Rahner, “The Church of the Saints” (La Chiesa dei santi), in Theological Investigations, volume 3, p. 103. Si veda anche Karl Rahner, “‘Why and How Can We Venerate the Saints?” (Perché e in che modo possiamo venerare i santi?), in Theological Investigations, volume 8, tradotto da David Bourke, New York, Herder e Herder, 1971, pag. 3-23; “All Saints” (Tutti i Santi), in Theological Investigations, volume 8, p. 24-32.

[26] Rahner, “The Church of the Saints” (La Chiesa dei santi), p. 100.

[27] Karl Rahner, “Religious Enthusiasm and the Experience of Grace” (L’entusiasmo religioso e l’esperienza della grazia), in Theological Investigations, volume 16, tradotto da David Moreland, New York, Seabury, 1979, p. 35-51 .

[28] Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 99.

[29] Karl Rahner in Dialogue, p. 329 e p. 297 (corsivo mio). “Cristianesimo sobrio” è un’espressione che Rahner usa spesso nelle sue lezioni e nei suoi scritti.

[30] Si veda, Faith in a Wintry Season (Fede in una stagione invernale).

[31] Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 92.

[32] Rahner, “Teresa of Avila: Doctor of the Church ” (Teresa d’Avila: dottore della Chiesa), p. 362.

[33] Karl Rahner, “Christian Living Formerly and Today” (Vita cristiana del passato e di oggi), Theological Investigations, volume 7, tradotto da David Bourke (New York: Herder and Herder, 1971), p. 15.

[34] Rahner, “Teresa of Avila: Doctor of the Church ” (Teresa d’Avila: dottore della Chiesa), p. 362-363.

[35] Rahner, “La mistica ignaziana della gioia nel mondo”, pag. 280-281.

[36] Rahner, “The Ignatian Mysticism of Joy in the World” (La mistica ignaziana della gioia nel mondo) p. 279-280.

[37] In “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 98 n. 9, Rahner accoglie la definizione del misticismo dei maestri classici presentata nello studio classico di Irene Behn, Spanische Mystik , Düsseldorf, Patmos, 1957.

[38] Augustin Poulain, The Graces of Interior Prayer (Le grazie della preghiera interiore), tradotto da Leonora L. Yorke Smith, Westminster, Vt, Croce celtica, 1978; Auguste Saudreau, The Life of the Union with God and the Means of Attaining It according to the Great Masters of Spirituality (La vita dell’Unione con Dio e il mezzo per raggiungerlo secondo i grandi maestri di Spiritualità), tradotto da E. J. Strickland, New York, Benziger Brothers, 1927; John Baptist Scaramelli, Guide to the Spiritual Life (Guida alla vita spirituale), Londra, Burns, Oates e Washbourne, 1924; Joseph de Guibert, The Theology of the Spiritual Life (La teologia della vita spirituale), tradotto da Paul Barrett, New York, Sheed and Ward, 1953; Joseph De Guibert, The Jesuits: Their Spiritual Doctrine and Practice (I gesuiti: la loro dottrina e la loro pratica spirituale), tradotto da William J. Young, Chicago, Institute of Jesuit Sources, 1964, p. 44-45. Poulain, in The Graces of Interior Prayer (Le grazie della preghiera interiore), p. 64-200, offre una spiegazione molto dettagliata. Preferisce la definizione “unione mistica” a “contemplazione infusa”, e spesso usa il termine “preghiera ordinaria”  anziché “contemplazione acquisita”.

[39] Nella tradizione mistica cristiana, questa terminologia è tutt’altro che recente. Per esempio, l’autore anonimo di The Cloud of Unknowing (La nube della non conoscenza), del 1386 d.C., distingue molto chiaramente tra “meditazione” e “contemplazione”. A suo avviso, solo Dio può concedere la grazia della contemplazione ad alcuni mistici eccezionali. Gli esempi abbondano. Si veda Harvey D. Egan, Soundings in Christian Mystical Tradition (Esplorazioni della tradizione mistica cristiana), Collegeville Liturgical, 2010.

[40] Viene chiamata anche preghiera di “semplice sguardo”, “raccoglimento attivo”, “riposo attivo”, “quiete attiva” e “silenzio attivo” ‒ dove l’aggettivo “attivo” sottolinea la differenza rispetto a una modalità di preghiera “passiva” o mistica.

[41] Cf l’introduzione scritta da Jean Vincent Bainvel alla decima edizione di Poulain, Graces of Interior Prayer (Le grazie della preghiera interiore) p. lxxxviii; e Albert Farges, Mystical Phenomena (Fenomeni mistici), Londra, Burns, Oates e Washington, 1926, p. 311. Reginald Garrigou-Lagrange, Christian Perfection and Contemplation According to St Thomas Aquinas and St John of the Cross (Perfezione cristiana e contemplazione secondo san Tommaso d’Aquino e san Giovanni della Croce), tradotto da M. Timothea Doyle, Saint Louis, B. Herder, 1937, p. 162, non include la consapevolezza esplicita nella definizione di contemplazione infusa.

[42] Si veda, per esempio, Karl Rahner, “‘The ‘Spiritual Senses’ according to Origen” (I “Sensi spirituali “secondo Origene), Theological Investigations, volume 16, p. 81-103, e “The Doctrine of the ‘Spiritual Senses’ in the Middle Ages” (La dottrina dei “Sensi spirituali “nel Medioevo), Theological Investigations , volume 16, p. 104-134.

[43] Questa tensione è evidente, ad esempio, in Karl Rahner, “Grace II. Theological” (Grazia II. Teologica),”Grace III. Structure of  De Gratia” (Grazia III. Struttura di De Gratia) e “Grace and Freedom” (Grazia e libertà) in Encyclopedia of Theology, p. 587-595, 595-598, 598-601. Si veda anche, Karl Rahner e Herbert Vorgrimler, “Grace” (Grazia), “Grace, Systems of” (Grazia, Sistemi di) e “Grace, Theology of” (Grazia, teologia della), in Dictionary of Theology, nuova edizione riveduta, New York, Crossroad, 1981, p. 196-200, 200, 200- 201.

[44] Dal punto di vista della teoria evoluzionistica contemporanea, il teologo gesuita britannico Jack Mahoney (Christianity in Evolution: An Exploration [Cristianesimo in evoluzione], Washington, Georgetown UP, 2011, p. 117, critica il termine “contemplazione infusa” perché evoca “l’immagine semi-cosciente … di un Dio separato da noi e che riversa in noi quali contenitori esterni le espressioni creative dell’energia divina causale. Al contrario, la visione della comunicazione divina che emerge dall’approccio evolutivo … richiama l’immagine di una fontana che sgorga dall’interno anziché l’immagine di qualcosa che viene versato dall’esterno”.

[45] Bernard McGinn, “The Presence of God: A History of Western Christian Mysticism” (La presenza di Dio: una storia del misticismo cristiano occidentale), volume 1, The Foundations of Mysticism: Origins to the Fifth Century (I fondamenti del misticismo: dalle origini al Quinto secolo), New York, Crossroad, 1991, p. xvii (corsivo mio) .

[46] A mio parere, la migliore spiegazione della teologia mistica di Rahner si trova nel suo articolo “The Logic of Concrete Individual Knowledge in Ignatius Loyola” ( La logica della conoscenza individuale concreta in Ignazio di Loyola), in The Dynamic Element in the Church (L’elemento dinamico nella Chiesa), tradotto da WJ O’Hara, New York, Herder e Herder, 1964, p. 84-170.

[47] Karl Rahner, “Transcendence” (Trascendenza), in Dictionary of Theology, p. 509.

[48] Rahner, “The Logic of Concrete Individual Knowledge in Ignatius Loyola” (La logica della conoscenza individuale concreta in Ignazio di Loyola”, p. 144.

[49] Rahner, “Transcendence” (Trascendenza), p. 509.

[50] Rahner, “The Logic of Concrete Individual Knowledge in Ignatius Loyola” (La logica della conoscenza individuale concreta in Ignazio di Loyola), p. 145.

[51] Rahner, “The Logic of Concrete Individual Knowledge in Ignatius Loyola” (La logica della conoscenza individuale concreta in Ignazio di Loyola), p. 145-146 n. 34 (corsivo mio). Si veda anche, Karl Rahner, “Experience of Transcendence from the Standpoint of Christian Dogmatics” (L’esperienza della trascendenza dal punto di vista della dogmatica cristiana), in Theological Investigations, volume 18, p. 173-188.

[52] Si veda, Egan, Soundings in the Christian Mystical Tradition (Esplorazioni nella tradizione mistica cristiana).

[53] On Seeeking God (Sulla ricerca di Dio), in Nicholas of  Cusa: Selected Spiritual Writings (Nicola di Cusa: Antologia di scritti spirituali), tradotto da H. Lawrence Bond, Mahwah, Paulist, 1997, volume 2, §36, p. 225.

[54] Louis Roy, Mystical Consciousness: Western Perspectives and Dialogue with Japanese Thinkers  (Consapevolezza mistica: prospettive occidentali e dialogo con i pensatori giapponesi), Albany, State University of New York, 2003, p. 46-48, 50.

[55] Si veda Bernard McGinn, “Mystical Consciousness: A Modest Proposal” (La consapevolezza mistica: una proposta modesta), Spiritus, n. 8, 2008, p. 52.

[56] Rahner, “Religious Enthusiasm and the Experience of Grace” (L’entusiasmo religioso e l’esperienza della grazia), ​​p. 47.

[57] “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 95 (corsivo mio). Sebbene non concordi con Rahner su questo punto, Evelyn Underhill ha notato che i mistici classici possedevano un tratto psicologico tenace e persino eroico, una natura capace di straordinaria concentrazione, che consentiva loro di sopportare le grandi tempeste psicologiche che accompagnano l’ascesa mistica. Si veda, Evelyn Underhill, Mysticism: A Study in the Nature and Development of Man’s Spiritual Consciousness (Misticismo: uno studio sulla natura e lo sviluppo della consapevolezza spirituale umana), New York, New American, 1974, p. 90-92. Oltre all’autore di The Cloud of  Unknowing (La nube della non conoscenza) , capitolo 21, e di The Book of Privy Counselling (Il libro del consiglio privato), capitolo 17, a cura di William Johnston (Garden City: Doubleday-Image, 1976), anche san Giovanni della Croce in Ascent of Mount Carmel (Ascesa al Monte Carmelo), 2.13, e The Dark Night of the Soul (La notte oscura dell’anima) capitolo 1.9, in The Collected Works of St John of the Cross, tradotti da Kieran Kavanaugh e Otilio Rodriguez, Washington, Institute of Carmelite Studies, 1991, e santa Teresa d’Avila in The Book of Her Life (Il libro della sua vita), capitolo 23, in The Collected Works of St Teresa of Avila, tradotto da Kieran Kavanaugh e Otilio Rodriguez, Washington, Institute of Carmelitan Studies, 1976, scrivono che solo Dio può produrre queste esperienze e questi stati mistici. Rahner, dunque, contraddice le opinioni di due Dottori della Chiesa.

[58] “Brief von P. Karl Rahner”, p. 406.

[59] Per un approccio simile, si veda Mark McIntosh, Mystical Theology: The Integrity of Spirituality and Theology (Teologia mistica: L’integrità della spiritualità e della teologia), Malden, Blackwell, 1999.

[60] Rahner, ” Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 94.

[61] “Brief von P. Karl Rahner”, p. 406.

[62] Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 96.

[63] Per una buona panoramica su questo tema, si veda E. Lamballe, “Mystical Contemplation” (Contemplazione mistica), tradotto da WH Mitchell, Londra, R. e T. Washbourne, 1913.

[64] Reginald Garrigou-Lagrange scrive: “Non esistono due vie unitive. Ce n’è una soltanto”. Scrive anche,”la più alta perfezione della carità in questa vita non può esistere senza la contemplazione mistica”. Cf Garrigou-Lagrange, Christian Perfection, p. 60, 175, 23-44, 162. Per un altro sostenitore di questa tesi, si veda Antonio Royo e Jordan Aumann, The Theology of Christian Perfection (La teologia della perfezione cristiana), Dubuque, Priory, 1962, p. 178-196.

[65] Jean Vincent Bainvel, per esempio, insiste sul fatto che “ci sono persone molto vicine alla perfezione alle quali il nostro Signore non dà mai delizie. … Non tutti i perfetti sono elevati alla contemplazione perfetta … Molti uomini e donne perfetti sono riconosciuti santi dalla Chiesa senza che nel processo di canonizzazione vi sia il minimo accenno alla contemplazione infusa” (Introduzione alla decima edizione, p. lxxiv). Hans Urs von Balthasar (Von Balthasar Reader, p. 342) scrive acutamente che “la controparte dello yogi orientale o del maestro zen che ha raggiunto il culmine delle capacità umane non è il mistico cristiano, bensì il santo cristiano, sia egli mistico o no”. William Thompson-Uberuaga pone la questione in modo diverso quando scrive: “A meno di eliminare l’unica cosa necessaria a un autentico misticismo e cioè, come affermano la maggior parte dei mistici, l’amore, i santi non sono forse tutti mistici? … I termini “mistico” e “santo” esprimono forse diversi aspetti della medesima realtà …?” Thompson sostiene che per distinguere santi e mistici non è necessario separarli” (“Listening to God’s Whispers” [Ascoltare i sussurri di Dio], America, 20-27 Giugno 2011, p. 24-25).

[66] “Brief von P. Karl Rahner”, p. 405-406 (traduzione inglese di Daniel Donovan, non pubblicata).

[67] Rahner, “Reflections on the Problem of the Gradual Ascent to Christian Perfection” (Riflessioni sul problema della graduale ascesa verso la perfezione cristiana), p. 22 (corsivo mio).

[68] Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 97-98

[69] Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 98 (corsivo mio).

[70] Rahner, “Mystical Experience and Mystical Theology” (Esperienza mistica e teologia mistica), p. 98.

[71] Cf l’enciclica di Benedetto XVI, “Spe Salvi“, Boston, Pauline Books and Media, 2007), § 46-47, 53-54.

[72] Rahner, “Reflections on the Problem of the Gradual Ascent to Christian Perfection” (Riflessioni sul problema della graduale ascesa verso la perfezione cristiana), p. 22.

[73] Rahner, “Experience of Transcendence” (Esperienza della trascendenza), p. 175 (corsivo aggiunto).

[74] Rahner, “Experience of the Holy Spirit” (Esperienza dello Spirito Santo), p. 208.

[75] Rahner, “Mysticism” (Misticismo), p. 1010-1011.

[76] Egan, Karl Rahner: Mystic of Everyday Life. (Karl Rahner: Mistica della vita quotidiana)

[77] Una teologia mistica adatta all’epoca contemporanea attende uno studioso straordinario che sia in grado di assimilare i monumentali volumi di Bernard McGinn, anche quelli a venire, sulla storia della tradizione mistica cristiana e di interpretare i dati storici alla luce della teoria cognitiva di Bernard Lonergan. Cf Bernard McGinn, The Presence of God: A History of Western Christian Mysticism (La presenza di Dio: una storia di misticismo cristiano occidentale), 5 volumi finora pubblicati, New York, Crossroad, 1991-2012, e Harvey D. Egan, “Bernard Lonergan”, in Soundings in the Christian Mystical Tradition ((Esplorazioni nella tradizione mistica cristiana), p. 345 -349.

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